Nel panorama della grande distribuzione organizzata (GDO), i prodotti con etichette che ne attestano la sostenibilità stanno conquistando sempre più spazio sugli scaffali, raggiungendo un sorprendente 83,8%. Questi prodotti si distinguono per caratteristiche come la riciclabilità del packaging, l’uso di ingredienti sostenibili e la biodegradabilità. Questi dati sono stati forniti dall’Osservatorio Immagino di GS1 Italy, evidenziando l’impegno crescente delle aziende verso pratiche commerciali e di marketing più responsabili.
Tuttavia, un rapporto di Bain & Company, intitolato "The Visionary CEO’s Guide to Sustainability 2024", che ha coinvolto circa 19.000 consumatori a livello globale, rivela un lato oscuro di questa crescita. La sostenibilità emerge come uno dei principali fattori decisionali per gli acquisti, con il 36% dei consumatori pronti a cambiare fornitore se le aspettative in ambito sostenibile non vengono soddisfatte. Inoltre, un’indagine di Deloitte mette in luce che il 59% degli acquirenti sarebbe disposto a limitare gli acquisti da marchi che ricorrono a comunicazioni ambientali fuorvianti, un fenomeno noto come greenwashing. Il greenwashing ha registrato un incremento del 26% nel 2023, secondo i dati dell'EBA, facendo apparire prodotti o marchi più ecologici di quanto non siano in realtà. Questo fenomeno ha portato ben il 60% delle imprese a incorrere, almeno una volta, in comunicazioni ingannevoli legate alla sostenibilità, come riportato da Nielsen. Un'indagine della Commissione europea ha rivelato che in oltre il 42% dei casi le autorità hanno ritenuto ingannevoli le comunicazioni green, confermando pratiche commerciali sleali. In particolare, oltre il 50% delle aziende non fornisce informazioni adeguate ai consumatori per valutare le proprie affermazioni di ecosostenibilità, mentre nel 37% dei casi le dichiarazioni sono risultate generiche e nel 59% mancavano prove a supporto.
Gli esperti legali avvertono che questa situazione potrebbe portare a un aumento delle azioni legali tra aziende concorrenti e a un fenomeno noto come "Greenbickering", ovvero dispute tra aziende sulle irregolarità delle informazioni presenti su etichette e packaging. Rita Santaniello, avvocato di Rödl & Partner, sottolinea che, sebbene ci siano segnali di cambiamento legislativo, con una direttiva europea volta a proteggere i consumatori da pratiche ingannevoli, i tribunali potrebbero trovarsi a dover gestire un numero crescente di cause relative a concorrenza sleale. Le aziende potrebbero essere chiamate a rispondere per aver sfruttato la sostenibilità per migliorare la propria immagine e ottenere vantaggi competitivi ingiusti, utilizzando marchi e slogan green non verificati.